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10                    Progetto Re-Up




            Dall’età  di  65  anni  la  prevalenza,  ossia  la  percentuale  di  persone  con  demenza
            sulla  popolazione  generale,  raddoppia  ogni  5  anni  fino  all’età  di  90  anni;  nel
            gruppo di età fra i 65 e i 69 anni la demenza ha una prevalenza dell’1,5%, che
            arriva al 3% nella fascia di età fra i 70 e i 74 anni, al 6% nella fascia di età fra i 75 e
            i 79 anni, al 12% nella fascia di età fra gli 80 e gli 84 anni fino ad arrivare al 24% e
            oltre nelle fasce di età superiori agli 85 anni. Ciò significa che, secondo le attuali
            previsioni,  chi  è  nato  nel  XX  secolo,  ha  una  possibilità  su  tre  di  soffrire  di
            Alzheimer o di qualche altra forma di demenza.
            Anche  l’incidenza,  in  altre  parole  i  nuovi  casi  di  demenza  l’anno,  presenta  una
            crescita esponenziale con l’età.
            Per  questa  importante  dimensione  epidemiologica,  le  demenze  sono  oggi
            considerate  una  delle  principali  sfide  per  i  sistemi  sanitari  e  sociali  del  mondo
            occidentale. L’evoluzione, e quindi la prognosi della demenza, sono condizionate
            dalla  tipologia  di  demenza  e  dai  sintomi  che  la  caratterizzano,  nonché  dall’età
            della persona.
            L’evoluzione  è  attualmente  più  rapida  nelle  persone  giovani  e  in  coloro  che
            presentano disturbi della comunicazione (difficoltà nel trovare le “parole adatte”
            o  di  comprensione  del  linguaggio)  e/o  manifestazioni  neuropsichiatriche  (a  es.
            allucinazioni,  deliri).  Nell’anziano  l’evoluzione  è  condizionata  dalla  presenza  di
            altre malattie concomitanti. Nelle fasi iniziali le demenze tipicamente colpiscono
            le  funzioni  cognitive  (attenzione,  memoria,  linguaggio),  ma  più  o  meno
            velocemente influenzano anche il carattere e il comportamento di una persona. A
            risentire  maggiormente  del  “cambiamento”  sono  più  spesso  i  familiari  che  si
            trovano a dover convivere con un loro caro che “non è più lui”, senza peraltro che
            egli  ne  abbia  spesso  coscienza:  anzi,  a  complicare  ancora  di  più  i  rapporti
            interpersonali, la persona con demenza può negare le proprie difficoltà e i propri
            disturbi causando, senza volerlo, maggiore sofferenza a chi le sta vicino. Quindi ai
            sintomi  che  riguardano  le  funzioni  cognitive,  si  accompagnano  quasi  sempre
            alterazioni  della  personalità  e  del  comportamento  che  possono  essere  molto
            diverse fra persone che soffrono della stessa malattia.
            Tra questi i più caratteristici sono sintomi psichici (quali ansia, depressione, deliri,
            allucinazioni), irritabilità o vera aggressività (più spesso solo verbale, raramente
            fisica), insonnia, apatia, tendenza a comportamenti ripetitivi e senza uno scopo
            apparente, riduzione e/o aumento dell’appetito e a volte anche atteggiamenti di
            “disinibizione” che riguardano sia il controllo sociale (es. spogliarsi in pubblico) sia
            il comportamento sessuale.
            Ai deficit cognitivi e ai sintomi comportamentali (o “non cognitivi”), uniti alle altre
            malattie  del  corpo  che  sono  frequenti  specialmente  nella  persona  anziana,  si
            associa una progressiva alterazione dello stato funzionale, cioè della capacità di
            svolgere funzioni, in parte complesse, della vita di tutti i giorni. Nelle fasi iniziali si
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