“… potrebbe darmi una parola di conforto nel vivere positivamente la mia vecchiaia?”. Guerino – Romacicerone, nella sua opera De senectute individuava quattro “perché” a motivo dei quali la vecchiaia era a suo parere triste: perché allontana dall’attività, perché indebolisce il corpo, perché nega quasi tutti i piaceri, perché non dista molto dalla morte. Un giudizio questo di Cicerone che potrà sembrare realistico ma che nella sostanza è limitativo se non pessimistico; oggi infatti, nel cercare di capire come gli anziani affrontano il deterioramento del loro corpo e delle loro facoltà, i geriatri hanno iniziato ad evidenziare anche delle realtà alquanto ottimistiche; per esempio, con il termine “trascendenza” hanno inteso descrivere uno stato psicologicamente positivo raggiunto e mantenuto da alcuni anziani. A questo proposito un ricercatore svedese, Lars Tornstam dell’Università di Uppsala, ha parlato espressamente di “gerotrascendenza”. Egli, partendo dai suoi studi con gli anziani così come dalle teorie e dalle osservazioni cliniche, ha suggerito che l’invecchiamento dell’uomo, il processo vero e proprio di vivere nella terza età, comprende un suo potenziale, che consiste nel passaggio da una visione materialistica e razionale ad una più cosmica e trascendente, normalmente seguita da un aumento delle gratificazioni. E a seconda della definizione di “religione”, la teoria della gerotrascendenza può essere considerata o meno come una teoria dello sviluppo religioso. Altri ricercatori svedesi come Nystrom e Andersson-Segesten, in uno studio su pazienti terminali scoprirono in alcuni malati una condizione, una pace mentale, che è per molti aspetti simile al concetto di gerotrascendenza: essa viene considerata come lo stadio finale di un processo naturale verso la maturazione e la saggezza.
Secondo Lars Tornstam l’individuo in piena gerotrascendenza vive: 1) un nuovo sentimento di comunione cosmica con lo spirito dell’universo; 2) una ridefinizione del tempo, dove il tempo è circoscritto ad ora, o forse alla prossima settimana. Probabilmente per tutti gli ultra-novantenni e al di là di questo periodo la prospettiva è nebbiosa; 3) una ridefinizione dello spazio, dove lo spazio è lentamente diminuito come dimensioni, all’interno del raggio delle nostre capacità fisiche; 4) una ridefinizione della vita e della morte, dove la morte entra in sintonia con la vita, la strada di tutte le cose viventi; 5) una ridefinizione del senso di sé stesso, che si apre alla comprensione di significati che, prima, sfuggivano. Insomma nel concetto di gerotrascendenza troviamo la conferma a livello psicologico di quanto affermava a livello teologico Karl Barth: “La vecchiaia si offre all’uomo come la possibilità straordinaria di vivere non per dovere, ma per grazia”. E infatti la vecchiaia è uno stadio della vita che non tutti arrivano a conoscere, dunque è anzitutto un dono che può essere vissuto con gratitudine e nella gratuità: nell’essere più sensibili agli altri, alla dimensione relazionale, mettendo in atto gesti di accoglienza e di ascolto reciproco. E questo perché l’essenza della vecchiaia sta proprio nel vivere le cose in maniera interiore. Diceva Jung: “Ciò che la giovinezza troverà al di fuori, l’uomo nel suo meriggio deve trovarlo nell’interiorità”. Solo nella vecchiaia una persona può affermare di valere per ciò che è e non per ciò che fa, e quindi è un momento di verità in cui riveliamo veramente chi siamo, e forse non è un caso che il Vangelo di Luca si apra con due figure di anziani: Simeone ed Anna che riconoscono e indicano Gesù come Messia. L’anziano dunque con la sua vecchiaia pacificamente accettata davanti a Dio e davanti agli uomini, realizza un autentico comportamento di gerotrascendenza.